ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Le premesse di Bandersnatch, il primo film interattivo del progetto Black Mirror di Charlie Brooker, sono eccellenti.
Pur usando uno spunto narrativo vintage come quello delle storie a bivi sperimentato in libri, fumetti e giochi fin dagli anni Ottanta (non a caso, l’epoca in cui è ambientato il film), Bandersnatch porta nelle case di tutto il mondo una effimera parvenza di quell’universo distopico che Black Mirror ha modellato a partire dal 2011. Tecnicamente (e pseudofilosoficamente), mi ha divertito il fatto che, qualunque scelta si faccia nel corso della visione, si giunge comunque a una conclusione entro i 90 minuti previsti. Per quanto, cioè, lo spettatore immagini di avere il controllo totale sul film, modellandone anche la durata, è il film che lo ha su di lui, in un buon gioco di scatole cinesi multimediali creato per illudere momentaneamente il pubblico.
A parte questo, il film originale Netflix diretto da David Slade e scritto da Brooker a parer mio non brilla per molti altri meriti, a partire dalla sceneggiatura che, pur caratterizzata (e forse inficiata) dalla struttura ludica a scelte multiple, difetta di buone caratterizzazioni di personaggi e contesti.
In particolare, ho sentito la mancanza (voluta?) di un corretto uso del romanzo usato dal protagonista Stefan (Fionn Whitehead) per creare il videogame: di cosa parla, esattamente? La trama resta sconosciuta, non si comprende quali elementi siano stati inseriti dal programmatore e quali derivino dal libro: quale peso ha il racconto sui comportamenti ossessivi del protagonista (e dell’attore protagonista che, a un certo bivio, si convince di essere Stefan)? Compaiono anche dei mostri vagamente infernali, ma poi Stefan sembra inserire di sua volontà nella trama del gioco un agente governativo…
Anche il riferimento alla vicenda biografica del suo autore lambisce vagamente il film, quando, invece, immaginavo che avrebbe avuto delle ripercussioni narrative più accattivanti del solo fatto che lui e il giovane protagonista si macchiano (a seconda del bivio scelto, obviously) di un crimine molto simile.
Insomma, penso che Bandersnatch sia un tassello utile alla progressiva crescita narrativa di Black Mirror, ma non rappresenta l’esperimento di Brooker più riuscito.
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