Tra cronaca e parabola / 29 Giugno 2020 in Bar Giuseppe
Con Bar Giuseppe, candidato ai Nastri d’Argento 2020 per il miglior soggetto, Giulio Base prova a mettere in scena un ibrido, un po’ film di cronaca, un po’ parabola.
Il risultato è originale e, per certi versi, interessante, grazie al suo tono un po’ favolistico, ma difetta di alcuni didascalismi insistiti.
Giuseppe (Ivano Marescotti) è un uomo che va per i settant’anni, taciturno, un po’ burbero, appassionato di falegnameria, vedovo, con due figli ormai grandi, che vive in una suggestiva masseria che sembra una grotta (molto belle le location pugliesi), con annessa stalla con bue e asino. Bikira (Diop Virginia) è una giovanissima ragazza africana il cui nome, in swahili, significa ‘vergine’.
Ricorda molto (troppo) qualcosa, no?
La scelta narrativa operata non è un male e non è un demerito del film, anzi, potrebbe essere il suo vero punto di forza, ma è il modo in cui si giunge a questa conclusione che mi è sembrato troppo incerto e poco apprezzabile. Bikira è onesta, coraggiosa, puro amore incarnato. Ma perché le capita quel che le capita?
Insomma, l’evento dal sapore sovrannaturale, mistico e riappacificatore che conduce alla risoluzione del racconto finisce per soverchiare (e non per accompagnare) quello che mi è sembrato il più interessante messaggio del film: l’integrazione tra individui profondamente diversi e lo scandalo, comunque poco approfondito e affidato a pochi, didascalici dettagli, suscitato da questa unione.
Il sonoro in presa diretta penalizza un po’ il risultato: molte battute risultano quasi incomprensibili o udibili solo in parte.