La visita

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La visita

Tratto da un racconto di Carlo Cassola. Una donna, Pina, e un uomo, Adolfo, impiegata la prima, commesso il secondo, sono alla ricerca dell'anima gemella. Lei risiede a San Benedetto Po, lui a Roma. Grazie a un annuncio matrimoniale che Pina ha fatto pubblicare su un giornale, i due iniziano a scriversi delle lettere, che colmano la distanza che li divide. Col tempo tra Adolfo e Pina nasce un'amicizia epistolare che li spinge a provare a incontrarsi per capire se siano fatti l'uno per l'altra.
schizoidman ha scritto questa trama

Titolo Originale: La visita
Attori principali: Sandra Milo, François Périer, Mario Adorf, Gastone Moschin, Angela Minervini, Ettore Baraldi, Giancarlo Bellagamba, Bruno Benatti, Paola Del Bon, Ferdinando Gerra, Abele Reggiani, Carla Vivian, Didi Perego, Mostra tutti

Regia: Antonio Pietrangeli
Sceneggiatura/Autore: Antonio Pietrangeli, Ruggero Maccari, Ettore Scola
Colonna sonora: Armando Trovajoli
Fotografia: Armando Nannuzzi
Costumi: Piero Tosi, Margherita Ferroni
Produttore: Moris Ergas
Produzione: Francia, Italia
Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 106 minuti

Dove vedere in streaming La visita

Manoscrivere, prego. / 24 Giugno 2014 in La visita

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ogni film di Pietrangeli che “scopro” si rivela una magnifica sorpresa.
La visita, incrociato anni fa in tv e mai visto per intero fino ad oggi, non fa eccezione, regalandomi una pellicola estremamente sapida ed intelligente, in cui lo studio d’ambiente, la definizione millimetrica dei personaggi, la sapiente mano registica e le interpretazioni calibratissime hanno generato un titolo davvero originale che consiglio caldamente di recuperare.

Muovendosi da premesse quasi macchiettistiche (galeotto fu un annuncio sul giornale), esaltate da una caratterizzazione di luoghi e persone da manuale, la storia si fa drammatica, realistica, inclemente.
Confesso che, per gran parte del film, ho trovato il baffuto (il suo malcelato razzismo sarà un caso di omonimia e di pelo?) personaggio di Adolfo (interpretato dall’attore francese François Périer) estremamente insopportabile: falso, egoista, untuoso e laido. Mi stupivo del fatto che Pina (una pregevole Sandra Milo) esitasse ad accorgersi dei suoi difetti. Durante il dialogo post-sbornia dei due sul letto, invece, ho visto, come lei, quell’uomo con occhi diversi: “Si diventa così, a star soli”, ammette tristemente, disarmando Pina, pronta alla discussione, e me, sua nemica dichiarata fin dal suo arrivo in stazione.
Ciò che mi ha colpita, seppur adombrandomi, sul mesto finale, è stata la maturità dimostrata da entrambi i protagonisti: messe in chiaro le “necessità” dell’una e dell’altro, sono stati in grado di comprendere ed ammettere che non bastano due solitudini a cementare una relazione e che le eccessive incompatibilità potrebbero esacerbare inutilmente i già evidenti difetti di ciascuno.

Con il personaggio della Pina (la bella culandrona), Pietrangeli disegna un egregio ritratto a tutto tondo di una donna capace, indipendente, ma sensibile, dolce, piena di civettuosa e a tratti esagerata grazia (il trucco sul suo viso è così esagerato da ricordare quello della felliniana Gelsomina), spartiacque tra le femmine italiane dell’anteguerra (use a saper fare tutto, anche i lavori maschili: la Pina ara l’orto, produce il lambrusco, guida l’automobile, cucina ottimamente, fa la maglia) e quelle del boom economico (vedi, il televisore avveniristico, tutti gli elettrodomestici utili ad una massaia in cucina, la presenza di una donna delle pulizie, numerosi animali domestici, ecc.) un altro affettuoso omaggio all’universo femminile da lui osservato sempre con innovativo spirito analitico.
Non è un caso, a mio parere, che l’impianto urbanistico del paese in cui vive Pina ricordi quello di una città di pionieri del Far West, polvere compresa: ella è una donna a cavallo tra due epoche, una donna di frontiera che sa badare a sé stessa, ma che anela a qualcosa di più di un simpatico cowboy solitario, pardon camionista (Gastone Moschin), per alleviare la propria zitellaggine.

La “spregiudicatezza” di Pietrangeli, impegnato a delineare il profilo di una donna modesta ma poco convenzionale, sta anche nell’uso di un linguaggio decisamente aderente alla realtà, in cui convergono sia espressioni vagamente triviali che modi ed espressioni di cortesia desunti da una tradizione sociale ottocentesca, garibaldina, che riferimenti pop alla cultura del tempo (il Carosello, gli sceneggiati televisivi della RAI, i cioccolatini con le poesiole avvolte nell’involucro di carta stagnola, le marche delle automobili, ecc.), artefatto eppure assolutamente plausibile. Pina è un simulacro, un ideale, sotto molti aspetti: ha in sé i retaggi di una solida cultura contadina e gli aneliti propri di una società a cui piace sperimentare le novità.

La solidità dell’impianto narrativo risiede anche nell’estrema coerenza tra unità di luogo, di tempo e d’azione: nonostante la presenza di alcuni esaustivi flashback, la storia si dipana in maniera lineare, disegnando un itinerario ben preciso, inteso non solo in senso geografico (tutti i luoghi vengono attraversati e mostrati ripetutamente, nonché perfino misurati, al fine di renderli riconoscibili da ogni prospettiva), ma anche di ottima definizione dei personaggi.

Da vedere, senza se e senza ma.

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Scrivimi fermo posta / 27 Aprile 2012 in La visita

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Che bel film, “La visita”. E che bravo regista era Antonio Pietrangeli. Un autore, quest’ultimo, che meriterebbe di essere ricordato e apprezzato maggiormente, dato che nel corso della sua – purtroppo breve – carriera ci ha regalato film bellissimi come “Io la conoscevo bene”, ritratto al vetriolo del mondo del cinema, e anche commedie leggiadre e deliziose quali “Fantasmi a Roma” e “Il magnifico cornuto”. Pure “La visita” è una commedia, ma è una commedia amara, anzi amarissima, tanto è vero che alla fine ti lascia addosso una grande tristezza.
I protagonisti della storia sono una donna, Pina, dipendente di una piccola azienda agricola nel Ferrarese, e un uomo, Adolfo, commesso in una libreria di Roma. Entrambi emarginati dalla vita sociale, Pina e Adolfo, dopo aver intrattenuto un lungo scambio epistolare nato in seguito a un annuncio matrimoniale di lei, decidono di incontrarsi per conoscersi di persona. Nell’arco di un fine settimana, avranno modo di scoprire i pregi e, soprattutto, i difetti dell’altro. Lui penserà a guardare le altre donne, a bere il vino e a informarsi sul conto in banca di lei; quest’ultima, ingenua com’è, di tutto ciò non se ne accorgerà nemmeno; anzi, addirittura arriverà a credere di avere finalmente trovato l’uomo della sua vita. Alla fine però Pina aprirà gli occhi e si renderà conto che uno come Adolfo è sicuramente meglio perderlo che trovarlo.
Tratto da un racconto di Carlo Cassola, “La visita” è un film pregevole che può contare innanzitutto su una sceneggiatura – scritta dal regista stesso con la collaborazione di Ettore Scola e Ruggero Maccari – che tratteggia con precisione i caratteri dei due personaggi principali: dolce, spontanea e sensibile lei, maschilista, cafone e arrogante lui, Pina e Adolfo sono due anime in pena che conducono una vita triste e solitaria a cui cercano disperatamente di sfuggire.
La mano del regista si vede nella delicatezza con cui racconta una storia pervasa di struggente malinconia; da apprezzare, inoltre, la facilità con la quale Pietrangeli riesce a passare, senza scompensi, dai toni ironici da commedia della prima parte a quelli più seri da film drammatico della seconda; nel finale, infatti, emerge prepotentemente l’amarezza scaturita dalla fallimentare unione tra Pina e Adolfo, due esseri asociali che per un attimo si erano illusi di poter sconfiggere la solitudine, alla quale paiono ineluttabilmente condannati.
“La visita” è un film molto bello, scritto e diretto con mano sapiente, che può avvalersi altresì delle convincenti prove di Sandra Milo (Pina) e François Périer (Adolfo), bravi e perfettamente in parte nei rispettivi ruoli.

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