ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Vera Cruz.
Quando la parola capolavoro non è abbastanza per descrivere un film.
Diretto da Robert Aldrich, il film in questione ha segnato generazioni di cinefili e non solo.
Vera Cruz coinvolge e stravolge.
La rocambolesca avventura narrata nel film si svolge in Messico nel 1866, il Messico dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, autorità caldamente osteggiata dai rivoluzionari. Torna quindi quel luogo magico che è il Messico, una terra di rinunce, terra di confine, rifugio per gli Americani senza macchia o paura. Neanche fossimo in una pellicola diretta da Sam Peckinpah, il regista cattura gli elementi di un Paese dalle mille sfaccettature con un popolo pittoresco ed affamato. Questi elementi sono evidenziati con abilità, essendo il film ambientato in una fase storica delicata nella quale il Messico è in subbuglio.
Robert Aldrich spettacolarizza il tutto, collocando per caso dei reduci della Guerra Civile Americana.
Si trovano a fronteggiarsi quindi Rivoluzionari ed Europei da un lato, veterani della Guerra Civile, a servizio dei primi o dei secondi, dall’altro. Due sono le figure chiave nella vicenda, amabilmente interpretate da due attori simbolo nonché veri e propri eroi del cinema hollywoodiano: Gary Cooper e Burt Lancaster.
La vicenda tutta è virile ed eroica; vedendola, lo spettatore, si immedesima nell’episodio che lega i destini del Colonnello Sudista Trane (Gary Cooper) e dello sbruffone Joe Erin (Burt Lancaster). Si immedesima e, signore e signori, riflette. Niente è lasciato al caso. Se da un lato il film parla allo stomaco, dall’altro parla alla testa e al cuore. L’improbabile duo dovrà scegliere da che parte stare. Entrambe le fazioni vorrebbero dalla loro questi mercenari col cappello da bovaro, in più occasioni dimostreranno l’abilità con la pistola o il sangue freddo che scorre nelle loro vene.
Vera Cruz è poesía.
L’elemento “violenza” sebbene sia presente nel film, rimane collocato su una dimensione minore.
E’ un susseguirsi di eventi che rende il film poetico.
Scegliendo di porsi dalla parte dell’Imperatore l’obiettivo di Trane e Joe sarà quello di scortare la carrozza della contessa Duvarre fino al porto Vera Cruz. Si accorgeranno presto che dietro questo incarico se ne cela un’altro: impedire che la carrozza piena d’oro giunga nelle mani dei rivoluzionari.
Anche se i personaggi hanno da sempre vissuto la vita in un Limbo, da questo momento ondeggiano ancor di più. Il motto di uno sarà “The right choice for the wrong reason”, il motto dell’altro sarà “money”.
Il ribaltamento dei ruoli e un susseguirsi di colpi di scena memorabili porta lo spettatore a vari interrogativi. Il duo ha perso la bussola, in parte la ritrova ma l’esito finale sarà distruttivo, anzi autodistruttivo.
Ve lo consiglio caldamente.
DonMax
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