Maniac (2018)

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serie tvManiac (2018)

Due sconosciuti vengono coinvolti in un innovativo progetto di sperimentazione farmaceutica.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Maniac
STAGIONI/EPISODI: 1 Stagioni , 10 episodi, conclusa
Attori principali: Emma Stone, Jonah Hill, Sonoya Mizuno, Justin Theroux, Sally Field
Creata da: Cary Joji Fukunaga, Patrick Somerville
Colonna sonora: Dan Romer
Fotografia: Darren Lew
Costumi: Jenny Eagan
Produttore: Jonah Hill, Emma Stone, Cary Joji Fukunaga, Patrick Somerville, Michael Sugar, Pal Kristiansen, Anne Kolbjørnsen, Doug Wald, Espen Huseby
Produzione: Usa
Genere: Comedy, Drama, Mini-Series
Network: Netflix
Durata: 0 minuti

Dove vedere in streaming Maniac (2018)

Tanta carne al fuoco, forse troppa / 2 Aprile 2020 in Maniac (2018)

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Come da titolo c’è molta e forse troppa carne al fuoco in questa serie televisiva che è rappresentato un grande azzardo per Netflix visto che non ha proprio quell’appeal da serie tv che rapisce ogni genere di spettatore. Maniac è una serie tv molto di nicchia, è un lungo e virtuoso trip carico di simbolismi e scene apparentemente grottesche, in puro stile David Lynch.
Le 10 puntate scorrono un po’ a fatica perché la trama non è affatto lineare e con un senso immediato. Di fatto le 10 puntate con un minutaggio variabile potevano essere riassunte in un singolo film di 120 o 150 minuti. Forse sarebbe stato più godibile, visto che per fare una serie di 10 puntate si è per forza dovuto allungare il sugo.
La trama ha un buon soggetto ma lo sviluppo della storia non mi ha entusiasmato. In più punti mi sono chiesto cosa diavolo stesse succedendo e non riuscendo a trovare un senso in tutto ciò, facilmente finivo per distrarmi o annoiarmi. La serie l’ho finita più per curiosità di dove si volesse andare a parare e per la presenza di Emma Stone, che per un reale interesse nella trama. Il che è un peccato perché adoravo l’atmosfera futuristica e distopica che si respirava per non dire delle vibrazioni anni ’80 e dell’atmosfera alla Blade Runner con quei richiami alla cultura giapponese.Le carte in regola per un cult assoluto c’erano tutte, ma penso si sia voluto strafare. Il finale l’ho trovato alquanto deludente e poco ispirato. Le parti più interessanti erano quelle dei “sogni” soprattutto quando Annie e Owen intrecciavano le loro onde. A parte questo mi aspettavo un po’ più di sentimento, di suspense e qualcosa sì di grottesco e surreale ma ben strutturato.

Peccato, sarebbe un 8 per l’idea, l’ambientazioni e l’atmosfera, nonché per la presenza di Emma Stone, ma do un 7 per lo sviluppo della trama, che direi sia il perno di una serie tv.

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Interessante ma sfuggente / 8 Ottobre 2018 in Maniac (2018)

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Maniac, la miniserie tv originale Netflix co-creata e diretta da Cary J. Fukunaga, il giovanotto (classe 1977) che, nel 2014, ha segnato l’immaginario televisivo con la prima stagione di True Detective, è un oggetto strano.
Non tanto per la materia, la stessa di cui sono fatti i sogni (oh oh oh!), quanto per la sua risoluzione.

In un presente alternativo al nostro (o in un passato alternativo, o in un futuro distopico senza smartphone e device portatili… il contesto temporale non è chiarissimo), Annie (Emma Stone) e Owen (Jonah Hill) sono due persone con problemi psicologici e neurologici che decidono di sottoporsi volontariamente a una sperimentazione farmaceutica, per testare una medicina che dovrebbe essere in grado di eliminare tutti i loro problemi mentali ed emotivi.
Entrambi i personaggi arrivano da famiglie disfunzionali e, nel corso della loro vita, hanno avuto drammatiche esperienze che li hanno resi maniaco-ossessivi e depressi.
Anche lo scienziato (Justin Theroux) che ha dato inizio alla sperimentazione insieme a un collega e che, dopo un periodo di assenza, ritorna presso la casa farmaceutica che sta testando la medicina ha dei grossi problemi legati al contesto famigliare, principalmente a causa di una madre decisamente particolare (Sally Field).

Ciò che rende Maniac molto interessante e, contemporaneamente, estremamente sfuggente è la narrazione.
Da una parte, la definizione del contesto ucronico (forse, boh, chissà, vedi sopra) è fantastica, con richiami a una curiosa estetica che mischia le commedie di John Hughes a Blade Runner (Giappone imperat).
Nonostante la complessità dell’argomento-base (alternanza realtà-immaginazione, fuga dalla realtà) e la presenza di elementi fantascientifici, la miniserie è composta da episodi molto schematici (es.: introduzione di entrambi i protagonisti, scoperta della storia pregressa/attuale di ciascun protagonista e co-protagonista, puntate “tematiche” – che mi hanno ricordato prepotentemente l’anime Abenobashi – Il quartiere commerciale di magia… Tac, ancora il Giappone).
D’altra parte, rispetto alla messinscena, alla caratterizzazione dei personaggi e all’uso originale dell’ironia nera e della caricatura, l’obiettivo della narrazione resta sempre sullo sfondo, in perenne secondo piano.

Personalmente, nel corso dei (argh!) 10 episodi, ero più interessata a vedere come Annie e Owen avrebbero interagito nel mondo onirico e quale aspetto avrebbero avuto, che a scoprire se il farmaco avrebbe funzionato o meno.
Lo scopo finale della terapia e la sorte dei protagonisti (e, così, anche le implicazioni etiche dell’argomento che, pure, sembrano proporsi a inizio serie) evaporano velocemente, a favore della confezione.
Anche la questione del processo a cui Owen deve testimoniare è impalpabile, per quanto, sulla carta, incida molto sulla sua psiche.
La durata, invece, mi è sembrata eccessiva. Ho avuto l’impressione che sarebbe stato possibile condensare l’intera storia in un solo film.

Nel complesso, ho apprezzato molto la prova di tutti gli attori, non solo la Stone e Hill (dimagritissimo). Theroux mi ha fatto proprio ridere e la Field si è confermata ottima, non la vedevo in scena da un bel po’ di tempo e sono stata contenta di ritrovarla così.
Altro punto a favore (che, comunque, non scaccia le mie perplessità complessive): l’assenza di una storia d’amore fra i protagonisti. Aaaah, che bello. Annie e Owen sono compagni dai caratteri opposti ma complementari che percorrono insieme una strada difficile, senza implicazioni o tentazioni sentimentali, ma spinti apparentemente dal desiderio di aiutarsi reciprocamente. Questo, forse, è il vero sogno sotteso dalla miniserie: la mutua sollecitudine fra individui.

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Maniac / 6 Ottobre 2018 in Maniac (2018)

Metti insieme parte della struttura narrativa di The Leftovers, il rapporto realtà/onirico di Mulholland Drive (tra l’altro, con queste due opere, Maniac ha in un comune l’attore Justin Theroux), spruzzate di Se Mi Lasci Ti Cancello, con una scenografia futurista à la Blade Runner (con annessa cultura giapponese predominante) e viene fuori questo Maniac. Una serie che, nonostante abbia tanti padri e altrettanti madri da cui trae spunto, riesce a creare un mondo tutto suo, e riesce a raccontare temi quali la schizofrenia, l’elaborazione del lutto, il complesso edipico, l’amore e l’amicizia in una maniera innovativa. Maniera innovativa che non prescinde dalla scelta azzeccata di rappresentare vari generi cinematografici diversi, dal fantasy al crime, senza mai perdere il lato grottesco e un’ironia di fondo molto alta, tant’è vero che si ride anche molto.

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